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Il coraggio di andare oltre i limiti che vogliono imporci

Il coraggio di andare oltre i limiti che vogliono imporci

Le donne impegnate a non far rinchiudere la propria voglia di partecipazione civile, sociale e politica entro recinti nuovi, ma pur sempre rispondenti a vecchie logiche.

Martedi, 22/03/2011 - Il comitato Se non ora quando –Vallo di Diano, un comprensorio territoriale salernitano, ha iniziato a mostrarsi qual’era in occasione della manifestazione nazionale del 13 febbraio scorso. Sull’onda ideale di un protagonismo nuovo, ci siamo messe a lavorare per preparare le successive iniziative con una coralità d’intenti palesemente naturale. Sembrava che andassimo all’unisono: chi si occupava della grafica, chi dell’organizzazione, chi redigeva il testo dei comunicati stampa, chi preparava i video, chi allestiva le sale dove avremmo tenuto gli incontri pubblici. Sembrava ed era. Abbiamo scoperto l’importanza dello stare insieme, ci siamo meravigliate di come conquistavamo a noi altre adesioni, abbiamo orgogliosamente rivendicato a nome di tutte le donne presenti ai dibattiti la qualità degli interventi, come se altro non fossimo che “un mezzo” attraverso il quale altre donne, finora silenti, riuscivano a recuperare la voce e a dare forma ai loro pensieri. Tanta era la voglia di esprimersi che è stato facile infrangere il muro del silenzio e (ri)tornare a parlare in pubblico. E’ risultato conseguentemente facile preparare il successivo 8 marzo, coinvolgendo sia le donne che le scuole nella discussione sull’erroneo utilizzo del corpo delle donne nei programmi televisivi. Agli studenti che non hanno avuto la possibilità di dire la loro sul tema , a causa dei tempi ristretti del confronto pubblico, abbiamo consegnato dei post-it su cui scrivere le loro opinioni. Uno di essi ci ha colpito profondamente, perché iniziava con la frase: “chi pensa, perde?”. A quella ragazza/o, che ci aveva chiesto una risposta, non abbiamo potuto rispondere immediatamente, ma il giorno successivo, in occasione della manifestazione nazionale a difesa della Costituzione e della scuola pubblica, abbiamo spiegato cosa pensavamo sul tema attraverso un volantinaggio davanti ad un istituto scolastico. Forse abbiamo pensato troppo oppure i nostri pensieri sono andati al di là degli steccati a cui altri volevano costringerci, perché immediatamente il Comitato è stato attaccato da un giornalista locale. Costui sosteneva che “ da un comitato di “donne impegnate” ci si sarebbe aspettato non prese di posizione portate in avanti, probabilmente, per biechi calcoli politici e nulla più; non ripetizioni di frasi fatte e di parole di un certo effetto, già più volte sentite in campo nazionale e ora ribadite in sede locale; non progetti riciclati e calati pari pari dall’alto;”. E’ come se, al di là del fatto che fossimo state d’accordo ad attaccare la riforma Gelmini o a solidarizzare con i docenti offesi dalle esternazioni del premier, avessimo valicato un limite oltre il quale non si poteva andare. Sì discutere della dignità delle donne, dell’uso strumentale del loro corpo nei mass-media, del Centenario dell’otto marzo, ma no, assolutamente no, non era lecito protestare contro il grave attacco che la scuola pubblica sta subendo dall’attuale governo. Eh no!!! Dov’è scritto che il nostro cervello ragioni a compartimenti stagni e che non possiamo esprimerci su argomenti che vanno oltre le logiche ed i ragionamenti di genere? Quando io penso, come donna , ad una questione so che la mia analisi ed il conseguente giudizio spazia a 360° e le mie idee non si bloccano alla frontiera del “non consentito alle donne”. E dico “come donna”, perché mi riconosco un’ottica diversa da quella degli uomini, anche nel semplice approccio mentale al problema. Guarda caso siamo state attaccate proprio da un uomo che ha voluto delimitare lo spazio del confronto pubblico entro cui avevamo diritto d’entrare. Ci siamo sentite come quelle donne impegnate nelle istituzioni, che possono ricoprire solo le cariche di assessore alla cultura o alle politiche sociali, quando, invece sono tante le competenze che potremmo mettere in campo. Qualcuna di noi ha pensato che abbiamo sbagliato a fare il volantinaggio, che siamo andate oltre. A queste amiche e compagne di un viaggio verso mete a me tuttora sconosciute, vorrei con il cuore in mano chiedere di non mollare,perché la posta in gioco è alta, anzi altissima. A quella ragazza/o che nel post-it ci aveva chiesto “chi pensa, perde?” dobbiamo una risposta che non deve mai essere disgiunta dall’impegno quotidiano e costante nella direzione dell’affermazione delle nostre idee e, andando più in là, nella realizzazione delle nostre speranze. Io sento forte questo dovere, perché avverto altrettanto forte la necessità di impegnarci per un’Italia migliore per tutti e per tutte. Spero di non “perdere” nessuna delle donne che ho incontrato in questa avventura nuova, perché mi sentirei sconfitta, e per questo motivo chiedo loro di continuare a “stare insieme”, nonostante tutti e nonostante tutto.

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