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In Basilicata soffia un vento calunnioso e oltraggioso sulla 194

In Basilicata soffia un vento calunnioso e oltraggioso sulla 194

Una proposta di legge presentata in consiglio regionale e finalizzata alla concessione di bonus bebè, partendo da un'analisi vergognosa sull'interruzione volontaria di gravidanza in Basilicata, offre lo spunto per una riflessione critica

Giovedi, 27/02/2014 - Si sarebbe potuto pensare che la tempesta abbattutasi in Spagna sull’autodeterminazione delle donne nello scegliere una maternità libera, consapevole e non imposta per legge fosse limitata a quel Paese ed alla proposta del governo Gallardon, fortemente lesiva del diritto all’interruzione di gravidanza entro i limiti previsti dalla legge vigente. Invece tutto ciò che sarebbe successo in altre nazioni, o che ancora ha da capitare, si inquadra in una ben determinata strategia, volta a rimettere nuovamente in discussione il diritto in capo alle donne di decidere quando una gravidanza possa proseguire o no. La campagna One of us a carattere europeo, culminata con la raccolta di oltre due milioni di firme e finalizzata al riconoscimento giuridico dell’embrione, ha svolto la funzione di catalizzatore di altre iniziative di eguale valore in ogni stato appartenente alla Comunità Europea, anche se le tattiche utilizzate sono state diverse a seconda degli obiettivi prefissisi in ogni specifico ambito nazionale. Cosicchè se in Francia si sono chiamate alle manifestazioni di piazza le folle al grido “No all’aborto” di contro al suo riconoscimento come diritto ad opera del governo Hollande, in Spagna l’esecutivo ha proposto al Parlamento una normativa fortemente limitativa del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, normativa contro cui le donne spagnole si sono mobilitate in più occasioni, culminate nella grande manifestazione Yo decido del 1 febbraio scorso a Madrid, peraltro concomitante con analoghe forme di protesta in tutta Europa.

Una mossa a tenaglia sempre più stringente non poteva escludere l’Italia, già particolarmente vessata da una difficoltà oggettiva all’erogazione del servizio di ivg a causa dell’alta percentuale di medici obiettori, la cui media nazionale è oltre l’80% dei ginecologi operanti nelle strutture ospedaliere pubbliche. Così oltre a fare i conti con il depotenziamento dei omologhi consultori, preposti ad offrire un percorso d’accompagnamento alla scelta della maternità, ci ritroviamo di fronte a segnali, più o meno espliciti, di riconoscimento dello stato giuridico dell’embrione, così da contrapporlo a quello della donna in un conflitto che la penalizzerebbe, ove la scelta legislativa fosse indirizzata a privilegiare il primo. Fino al 1978, è noto, l’aborto era un reato e la donna che vi ricorreva subiva una condanna, per cui la legge 194 si pose nell’ottica di sanare questo regime punitivo consentendole di interrompere una gravidanza entro ben precisi limiti normativi. In tutti questi anni si è tentato di erodere non solo il consenso politico ma anche quello sociale al diritto riconosciuto con siffatta legge, con una palese accentuazione in quest’ultimo periodo. I cimiteri dei feti deliberati dai singoli consessi comunali, finalizzati a creare nei camposanti aree ben delimitate ove inumare i c.d. prodotti abortivi, i presidi davanti agli ospedali pubblici per reclamizzare un referendum volto a chiedere l’abrogazione della 194, le richieste fatte da rappresentanti politici di escludere le ivg dai livelli essenziali d’assistenza sanitaria, sono i segnali più forti, che si accompagnano ad altri più tenui, soprattutto a carattere istituzionale.

Come può succedere che un direttore di Asl non disponga un’idonea turnazione del personale sanitario non obiettore per consentire l’effettuazione degli aborti, così capita che una proposta di legge regionale tesa alla erogazione di bonus bebè per il tramite dei Centri d’aiuto alla vita offra nella sua introduzione un quadro fazioso e palesemente falso dell’interruzione volontaria di gravidanza. E’ quanto avvenuto in Basilicata, con la presentazione lo scorso 17 febbraio di un testo normativo da discutere nel parlamentino regionale, formato solo ed esclusivamente da uomini. Un accordo politico trasversale, tra Forza Italia, Pd, Udc, Fratelli d’Italia e fino a ieri anche Movimento 5 Stelle, è alla base della proposta legislativa portata all’attenzione dell’assise consiliare, il cui excursus introduttivo ci porta indietro nel tempo agli anni’60. Passi come “al calo demografico contribuisce anche l’ivg permessa dalla legge 194/1978 che costituisce un trauma per tutti i cattolici e laici” o “nella UE l’aborto sta diventando la principale causa di morte, più del cancro, più dell’infarto e in 12 giorni viene soppresso un numero di embrioni pari a quello dei morti incidenti stradali lungo un intero anno” sono, per dirlo con le parole del comunicato stampa della Cgil Basilicata, “ vergognosi al pari della proposta di legge”. Si sono immediatamente mobilitate le donne lucane, singole e associate, la società civile, le forze sociali, mentre alcune formazioni politiche interessate a difendere la 194, quasi a non volere affrontare di petto la questione, vi girano intorno in un gioco delle parti ben congegnato. La mancanza di una loro ben precisa presa di posizione consente così alla controparte, ossia agli antiabortisti, di usare termini forti preoccupanti quali l’evocazione di un’atmosfera da “anni di piombo”, come se si debba chiamare alle armi le truppe l’un contro l’altre armate.

Proprio questo clima di belligeranza ideale, fortemente influenzato dalla mancanza di un’opzione politica chiaramente delineata, induce a ritenere che sul corpo e sulla dignità delle donne si consumi l’ennesima guerra ideologica. Se in Spagna il premier Gallardon, in calo di consensi per non aver determinato con l’azione governativa il rilancio economico del Paese, nella prospettiva delle prossime consultazioni elettorali ha tirato fuori dal cassetto la proposta di legge contro l’aborto per creare un collante ideologico al suo schieramento politico di riferimento, tale da contrapporlo ben motivato alla sinistra, vorrà pure significare qualcosa. Indubbiamente l’analisi è spicciola, ma in un panorama, caratterizzato da confini non specificamente delineati tra una fazione politica e l’altra, è sempre ben marcato nella sua configurazione il conflitto tra chi è per l’aborto e chi non lo è, tra chi è per la vita dell’embrione e chi no. Senza volere criticare nello specifico questa esemplificazione, che costa alle donne che scelgono l’ivg la qualifica di assassine, così come accade nelle manifestazioni del Movimento per la Vita, o di indemoniate, come capita nei cosidetti funerali degli embrioni, è palese la violazione della dignità delle donne perchè vengono utilizzate come scudo per contrapposizioni di parte che non tengono conto di una verità di base. L’essere portatrici di vita, scegliere di diventare madri è un diritto che si coniuga con la loro volontà di capire se vogliono o no diventarlo, ragione per la quale ad una gravidanza imposta per legge potrà contrapporsi un aborto clandestino, ove venga ancora una volta negata alle donne la facoltà di scegliere in libertà e consapevolezza un’opzione così importante della loro vita. Una vita che correrà il rischio di spezzarsi se le condizioni poste a tutela della loro salute saranno denegate in nome di leggi che garantiscono a parole le ivg, ma le obiettano nei fatti.

Certo si può essere più tenui nel contrasto al riconoscimento del diritto all’aborto, così come succede nelle normative che istituiscono i bonus bebè, ma anche in tali casi dovrebbe spiegarsi perchè quei finanziamenti pubblici non siano destinati a potenziare i consultori per consentire ad essi una più proficua campagna di prevenzione delle gravidanze indesiderate. Come è altrettanto acclarato che, seppure si chiamino alle armi le parti contrapposte al grido “Si o No all’aborto”, una sola certezza non mancherà mai in questo quadro fortemente sfuggente alla chiarezza d’intenti, ossia nessuna legge potrà decidere per la donna laddove non voglia divenire madre.

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