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Inseguendo il mito e l’archeologia nel libro “Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidentale: T

Inseguendo il mito e l’archeologia nel libro “Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidentale: T

Non sembri strano che l’autore abbia dedicato questo suo lavoro: “Alla Dea Cilens Alma Mater. A mia madre Maria Carmela”, visto che gli studi sul megalitismo sembrano riportare ad un periodo dell’esistenza umana in cui la figura femminile appariva

Lunedi, 05/02/2024 - Non sembri strano che l’autore abbia dedicato questo suo lavoro: “Alla Dea Cilens Alma Mater. A mia madre Maria Carmela”, visto che gli studi sul megalitismo sembrano riportare ad un periodo dell’esistenza umana in cui la figura femminile appariva quasi una divinità col suo misterioso procreare, appurato che l’uomo primitivo dapprima non collegava il nesso causale accoppiamento-nascita. Simbolo di fertilità, il femminino si riproponeva nel modo con cui erano accorpati gli enormi blocchi di pietra in varie zone del mondo ed anche nel Cilento, con la ritualità collegata alla fecondità e alla fertilità.
Da donna non posso che sentirmi lieta di questa devozione alla figura femminile che ci riporta alle matres matutae eredità delle credenze delle genti italiche. Nella Campania attuale è presente il culto della Madre e la ritroviamo a Paestum, con la presenza delle statuette. La devozione si è spostata alla Madonna con le decine di santuari mariani diffusi in tutta la Campania, tra cui la Madonna del Granato di Capaccio. Il nostro Leuzzi nei suoi lavori non dimentica mai “la Grande Madre”, attestando che “il femminino” provenga da una cultura millenaria. L’autore spiega la presenza della dea Cilens, che governava il passaggio giorno-notte e viceversa, rapportandola alla Mater Matura etrusca e romana e a Leucotea.
Lucrezio - De rerum natura
"Così a un'ora fissa Matuta soffonde con la rosea luce
dell'aurora le rive dell'etere e spande la luce...
è fama che dalle alte vette dell'Ida si assista
a questi fuochi sparsi quando sorge la luce,
poi al loro riunirsi come in un unico globo
formando il disco del sole e della luna "
Il nostro “psichiatra che legge le pietre antiche” è innamorato della terra del Cilento, volendo per questo penetrare nelle sue più profonde radici, che valicano il concetto di storia, quale giunge a noi attraverso la scrittura. Con il suo lavoro, l'autore accompagna il lettore in un percorso mitopoietico che, a partire dal megalitismo, costituisce l'occasione per ritrovare la propria identità nei simboli e nelle corrispondenze eidetiche più recondite di questa antica terra.
Asserisce: “Non deve meravigliare che le costruzioni realizzate siano diverse da quelle rinvenute in Bretagna, in Spagna o in Palestina perché in queste regioni diversamente antropologiche e culturali il megalitismo è risultato essere l’espressione di conoscenze e tecniche raffinate al confronto e veicolate da comunità numerose.
Nel Cilento come nelle sub-regioni contigue dalla Lucania occidentale ed orientale ed inoltre nella Calabria settentrionale è prevalsa la tendenza a realizzare degli “pseudo dolmen”: a partire da elementi litici sagomati in maniera peculiare si è provveduto a smussarli, a modanarli per assemblarli in complessi monumentali allo scopo culturale o al fine di realizzare veri e propri candelabri litici per targare i raggi del sole allo zenith ed all’alba o al tramonto del Solstizio di Inverno o del Solstizio di Estate ed inoltre per misurare le stagioni e determinare il momento propizio per la semina ed il raccolto così fondamentali per la sopravvivenza delle comunità cerealicole.
Forse l’entità demografica esigua di queste comunità o il diverso grado di Civiltà raggiunto per l’isolamento orografico e geomorfologico al confronto di altre popolazioni protagoniste di un Megalitismo magniloquente non hanno consentito altre espressioni significative tali da reggere il confronto stilistico ed artistico oltre che tecnologico”.
“Il testo contiene una serie di approfondimenti antropologici e culturali in tema di Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidentale, elicitati da convegni in cui l'autore ha divulgato un approccio mitoarcheologico al passato proto-storico di questo antico territorio con intuizioni o immagini; osservazioni che pur non basandosi su studi stratigrafici o dendro-cronologici sono state contestualizzate in una cornice archeo-metrica di garanzia per i contenuti espressi”.
Dice in proposito la giornalista cilentana Antonella Casaburi: “Consiglio di leggere: Megalitismo nel Cilento e nella Lucania Occidentale. Tra indicatori etno-culturali e corrispondenze mito-archeologiche, di Luigi Leuzzi, perché questo libro è l’ultimo di una serie di pubblicazioni di uno studioso che è autorevole e indispensabile fonte bibliografica per chiunque voglia conoscere la storia più antica e affascinante del Cilento e della Lucania Occidentale”.
Personalmente sono restata colpito da: “La leggenda del cavaliere”, una storia collegata a: “La “Ciampa del Cavallo”, ossia un grande masso a forma di “ferro di cavallo” che si innalza dal precipizio, sul piazzale antistante la chiesa. Vediamola: “Due cavalieri, recatisi sul Monte Gelbison, di cui uno cristiano e l’altro non cristiano, entrarono in chiesa. Però il cavaliere cristiano si prostrò ai piedi della Madonna e cominciò a pregare. L’altro prese a deriderlo ed offendere il compagno e in seguito, uscito dalla chiesa, salì sul suo cavallo e cominciò ad colpire ed urtare in malo modo i presenti. All'improvviso però, il cavallo si impennò e cominciò a correre all’impazzata, per poi saltare sulla punta del masso antistante alla Chiesa (la “ciampa del cavallo” appunto). Fu in quella situazione che il cavaliere, terrorizzato, chiese aiuto alla Madonna. Il cavallo, a seguito delle preghiere, si girò lentamente su se stesso e, con un salto miracoloso di 4-5 metri, tornò sul piazzale della Chiesa, ponendo in salvo il suo cavaliere che, per la grazia ricevuta, si convertì”.
Sul monte Stella, sempre nel Cilento, c’è un “calendario astronomico” dell’età del Bronzo testimone di riti arcaici. Ce ne parla l’autore. Si chiama Preta ru Mulacchio, che nel dialetto cilentano, significa Pietra del Figlio Illegittimo” perché era associato anche ai riti di fertilità. È storia che il complesso sia stato frequentato fino agli anni ’50 dalle donne, le quali passavano nella galleria giacché, nelle credenze popolari, la roccia fecondata dal Sole, diventava capace di fecondare. La Preta, è essenzialmente formata da tre massi, che si sono separati da un singolo blocco per cause naturali: tra questi tre massi, si sono formate due “gallerie”. La Preta però, è stata fortemente mutata dal lavoro dell’uomo in quanto grosse pietre sono state incastrate in posizioni precise tra i tre blocchi originari, o poste a generare un piano di copertura del complesso. Alcuni bacini sono stati scavati inoltre sulla parte superiore della Preta, che può essere visitata grazie ad una scala di legno predisposta dall’Ente Parco.
La Petra sarebbe così divenuta un “calendario di pietra”, che indica con straordinaria precisione la data del solstizio d’inverno


Se amate o desiderate imparare ad amare e scoprire il territorio del Cilento, visitandolo perfino alla ricerca di “verità nascoste” (anzi, conosciute dalla popolazione stessa in tempi passati, tuttavia recenti, tra l’800, e il ‘900), potrete trovarle nelle varie espressioni del megalitismo del Cilento, descritte nel lavoro di Leuzzi, e certamente ne resterete attratti, trasformandovi in esploratori. Scorrendo le pagine del libro avrete un invito a lanciarvi nell’avventura di giungere su quei siti, incamminandosi per percorsi impervi tra le montagne del Cilento.
Bianca Fasano

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