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Intervista a Elisabetta Tripodi sindaca di Rosarno

Intervista a Elisabetta Tripodi sindaca di Rosarno

Elisabetta Tripodi sindaca di Rosarno, eletta dopo il commissariamento per mafia e la rivolta dei migranti. Vive sotto scorta da poco più di un anno

Domenica, 02/12/2012 - Elisabetta Tripodi è la sindaca di Rosarno eletta dopo il commissariamento per mafia e la rivolta dei migranti. Vive sotto scorta da poco più di un anno, dopo che il boss Rocco Pesce le ha inviato una lettera scritta a mano dal carcere, la busta era intestata con la carta del comune, dove c’era scritto tra l’altro “Lei è così giovane...”. Rosarno è il paese dove è iniziata la ribellione delle donne di ndrangheta, delle prime collaboratrici: di Giusy Pesce e Maria Concetta Cacciola.



E’ passato un anno dalle intimidazioni della ndrangheta, la sua vita è cambiata completamente...

Sì la mia vita è cambiata in seguito a quella intimidazione, mi è stata affidata una scorta, la mia libertà personale è molto limitata, ho perso molte delle mie abitudini, è cambiata soprattutto nel rapporto familiare, perché ho dei figli e quindi una certa difficoltà nel gestirli. Tuttavia questa cosa non mi ha demoralizzato perché mi ha fatto capire che eravamo sulla strada giusta e che questa era una sfida che dovevamo cogliere come amministrazione anche a costo di sacrifici personali, lo scopo di quella lettera era di far si che io abbandonassi l’attività o comunque mi limitassi in determinati campi, invece ci ha dato una forza maggiore.



Vi siete costituiti parte civile in diversi processi di ndrangheta?

Ci siamo costituiti parte civile in quattro o cinque processi di ndrangheta, non solo contro la cosca Pesce, ma anche contro la cosca Bellocco, contro la cosca Gallico e in tutti i processi in cui siamo stati chiamati dalla procura come parte offesa ci siamo costituiti.



Come ha reagito la gente in questi due anni. All’inizio c’è stata molta partecipazione con la sua elezione e dopo le intimidazioni e la scorta?

Sento delle differenze, sento parte della popolazione molto vicina, nel senso che soprattutto molte donne dopo quello che è successo mi sono venute a dire di resistere, di continuare ad andare avanti. Tutte donne comuni, donne che mi hanno votato, che fanno il tifo per me e a cui piace essere amministrate da un sindaco donna. Poi ci sono state persone dell’opposizione che vedono nella scorta una colpa, uno status e diffondono in giro la voce che dovrei rinunciare alla scorta perché è come se fossi un membro della casta, perché in fondo cosa mi è successo? mi è “solo” stata inviata una lettera dal carcere.



Anche la sua famiglia vive sotto scorta?

No io ho voluto che i miei figli continuassero la loro vita normale anche a costo di vincere le mie paure perché sono dei ragazzi adolescenti e quindi non è giusto che subiscano, perché già soffrono il fatto che la mamma abbia poco tempo per loro.



Cosa pensa di Giuseppina Pesce, che collaborando con la Stato ha consentito di svelare i meccanismi della ndrangheta?

Penso che lei abbia fatto una scelta molto difficile proprio perché ha deciso di mettersi contro la famiglia e l’ha fatto per un motivo che ci lega in maniera paradossale: l’ha fatto per poter dare un futuro diverso ai propri figli, un futuro che era già scritto per una famiglia di ndrangheta. Nello stesso tempo quando ho deciso di candidarmi l’ho fatto per poter dare un futuro migliore alla mia città e soprattutto ai miei figli che vivono là.



E’ possibile secondo lei dare a queste donne un supporto affinché altre possano seguire l’esempio della collaborazione?

Purtroppo non è una scelta facile e poi c’è bisogno di molto sostegno e di molta forza perché sanno di rischiare la vita mettendosi contro la propria famiglia. Consideriamo che molte donne soprattutto nelle vecchie generazioni sono allineate e l’affrancazione può passare nelle nuove generazioni soprattutto attraverso lo studio, ed è la famiglia che dovrebbe avere l’intelligenza di farlo.

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