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La Rai, le mogli dell’est e la miseria italiana nei talk

La Rai, le mogli dell’est e la miseria italiana nei talk

Lo sdegno ha fatto chiudere una trasmissione Rai, ma la sostanza resta: il sessismo in tv è continuo

Lunedi, 20/03/2017 - ‘Errore folle, inaccettabile’: questa la sintesi del commento della Presidente della Rai Monica Maggioni, collega potente e stimata nell’azienda pubblica italiana più importante del paese che si occupa d’informazione e intrattenimento, dopo l’ondata di sdegno provocata dalla trasmissione di Rai Uno Parliamone sabato, (poi per fortuna chiuso) dedicata al profondo argomento: uomini italiani e donne dell’est. 

Inaccettabile, sì, ma non è un errore: è lo specchio della nostra realtà quotidiana, dentro e fuori lo schermo dell’elettrodomestico che governa, in molti sensi, gli indirizzi della politica, della cultura, dell’economia, della nostra vita. Dovunque, sì, ma in Italia moltissimo.

Anche se non la vediamo, o non la possediamo, sbagliamo a pensare che i nuovi social, con la loro velocità e pervasività, abbiamo tolto potere alla tv. Non è così, perché la sua forza nel veicolare arretratezza e resistenza al cambiamento è ancora enorme: basta vedere le milionate di persone che hanno seguito il festival di Sanremo, tanto per stare nell’attualità recente.

Come nel 2009 dimostrò il profetico documentario di Lorella Zanardo Il corpo delle donne è stata la tv a veicolare per oltre due decenni stereotipi e luoghi comuni sessisti in programmi definiti di intrattenimento zeppi di volgarità, doppi sensi sempre e noiosamente a sfondo sessuale, reiterando l’allegro adagio di mogli e buoi dei paesi tuoi come leit motiv di fondo, perché l’imperativo fatti una risata è stato ed è il collante politico trasversale del paese del sole, mozzarella e mandolino.

Va detto che in Rai lavorano centinaia di brave persone, donne e uomini dalla grande professionalità e, lasciatemelo scrivere, grande impegno civile e politico (così come anche nelle tv commerciali).

Ma il loro sforzo titanico nel portare altri pezzi di realtà dietro a quel vetro passa con fatica, quando passa. Da quattro anni giro l’Italia ininterrottamente riempiendo teatri grandi e piccoli con lo spettacolo Manutenzioni-Uomini a nudo, dove per la prima volta uomini sconosciuti parlano di sessualità maschile: mai una volta che la tv italiana si sia fatta viva. Ciò è interessante non perché mi riguardi, ma perché, come in centinaia di altre iniziative che pure coinvolgono in modo significativo la società, racconta il concetto di notiziabilità della realtà. Chi sceglie cosa diventa visibile decide anche cosa diventa informazione, e quindi costruisce consenso.

Negli anni in cui ho lavorato in Rai sono stata invitata in trasmissioni tv della ‘concorrenza’ come ospite, e ho quindi visto su entrambi i fronti come si ragiona e quali sono le logiche della notiziabilità: stando in radio ero meno controllabile, meno potente e mi muovevo con una autonomia impensabile in tv, ma il mantra da seguire era comunque: “Mi raccomando, quale che sia l’argomento presenta sempre una opinione a favore e una contro”.

La famosa ‘neutralità’ del servizio pubblico era, secondo questo concetto di democrazia acritica e meccanica, salva.

E infatti la trasmissione Parliamone sabato, il cui clou è stato l’imparziale cartello con i sei motivi per scegliere una fidanzata dell’est, dovrebbe diventare un ottimo case study per le scuole di giornalismo sulla favolosa neutralità. Che ridere.

L’avvento della tv commerciale, aggressiva e per questo ritenuta moderna, ha mutato profondamente la Rai, e non in meglio: navigando negli archivi o nel mare magnum di youtube viene da piangere a confrontare lo stile delle inchieste così come dei programmi di intrattenimento. Sarà pur vero che usiamo meno parole, (quindi pensiamo meno profondamente) e che l’analfabetismo di ritorno fa lanciare allarmi alle università sulla incapacità linguistica e lessicale di un grande numero di giovani (che pur vengono dai licei): ovviamente non è solo responsabilità della Rai. Ma è sideralmente lontanissima la funzione migliorativa, creativa, coraggiosa e di servizio della tivvù.

Lo spettacolo triste, violento e ignorante non solo insito in quel cartello,  ma nell’intera trasmissione, andata in onda sulla rete di maggiore ascolto e di maggior potere, non è altro che la conferma del senso di impunità e di disprezzo di chi ha confezionato il programma per quella grande parte di Italia che si rifiuta di pensare che le donne e gli uomini siano spazzatura. Intendiamoci: la rimonta, a partire dal Parlamento, della grettezza dei discorsi da caserma e da palestra è inequivocabile e diffusissima, ma un conto è che questa miseria sia fuori dall’elettrodomestico, un altro è che venga asseverata in trasmissioni per famiglie, e per giunta pagandoci obbligatoriamente il canone. Che vergogna abissale.

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