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La salute delle donne in Campania - di Stefania Cantatore e Pina Tommasielli

La salute delle donne in Campania - di Stefania Cantatore e Pina Tommasielli

Il cattivo funzionamento della sanità pubblica in Campania per la sessuale e materna. La nota dell'Udi di Napoli e Ordine dei Medici di Napoli

Mercoledi, 08/02/2017 - RIceviamo e volentieri pubblichiamo



La salute delle donne in Campania



Nel mese di Ottobre 2016 una delegazione di donne è stata ricevuta dall’Assessora Marciani in rappresentanza del Governo regionale e del Presidente. Nell’incontro sono stati affrontate le evidenze del cattivo funzionamento della sanità pubblica per le donne Campane, in merito a quella che si definisce salute sessuale e materna.



Le strutture preposte a garantire il sostegno minimo alla salute riproduttiva e alla libera scelta nella maternità, strettamente legata alle libertà civili, sono state le vittime sacrificali di quella che è stata nominata come “razionalizzazione del sistema sanitario nazionale”.



Le cittadine pagano in prima persona la scelta di assegnare al genere femminile il ruolo di risorsa invisibile, in quanto presumibilmente capace di sopportare il peso della crisi in termini di sottrazione di welfare e servizi.



Il danno prodotto alle cittadine, da questa politica, è disuguale sul territorio nazionale il che rende ancora più cocente il divario tra gli annunci con gli appelli alla prevenzione e l’attualità di dati che confermano l’abbandono della salvaguardia minima che, grazie al progresso tecnologico, potrebbe essere ampiamente garantita e rendere credibile la più volte reclamata “eccellenza”.



La chiusura di reparti IVG, come al I° Policlinico, dei punti nascita in favore di cliniche convenzionate, prefigurano lo scenario nel quale le donne pagano due volte servizi di qualità tutta da indagare e sicuramente sotto gli standard nazionali. La gravità di questa situazione trova la piena rappresentazione nel fatto che la legge 194, che prescrive rigorosamente i termini dell’interruzione di gravidanza a carico del servizio sanitario, è saltuariamente applicata. La chiusura di ogni singolo reparto di IVG prefigura interruzione di pubblico servizio. La generalizzata e progressiva sottrazione di strutture preposte all’attuazione del servizio, formalmente causata dai così detti accorpamenti, induce a individuare la responsabilità dell’interruzione di pubblico servizio non più solo nelle singole direzioni ospedaliere ma anche e non secondariamente nel Governo regionale.



Non si evincono dal Piano sanitario regionale ospedaliero e territoriale, inoltre, spazi per azioni che vadano in direzione dell’abbattimento del numero dei parti cesarei (in Campania intorno al 70%), non si evincono spinte al recupero della dimensione consapevole del parto, espropriato attraverso l’eccesso di medicalizzazione alle facoltà materne, facoltà centrali nella dignità femminile. All’abbattimento dei punti nascita ospedalieri in tutta la regione si accompagna il depotenziamento generalizzato del consultori, la cui identità si fonda sulla collegialità, la partecipazione dell’utenza, il contatto diretto coi bisogni e i cambiamenti sociali. Il depotenziamento coincide con l’affermazione di un modello ambulatoriale che disperde e nega la centralità della salute e della consapevolezza materne come motori di una sanità che tenga conto del genere e soprattutto che affronti la salute fuori dalla logica della logica malattia/farmaco. I casi dei consultori di Portici e Casoria ben rappresentano un conflitto aperto e non ancora risolto tra cittadine che lottano per non disperdere un valore, e una sanità che poco guarda alla riduzione dei cesarei, all’identità femminile dei territori, al valore della prevenzione consapevole, al rapporto con le giovani e il mondo scolastico. I pretesti più vari, per Portici addirittura la presunta impossibilità di continuare a pagare il fitto dei locali, sono sempre afferenti a un teorico risparmio che in realtà si traduce in spreco economico e sociale.



La sofferenza dei consultori, inoltre, coincide con la rinuncia alla prevenzione gratuita da parte delle donne, se non la rinuncia completa.



Il risparmio, nella nostra regione, è un punto controverso e discusso, ma soprattutto nei confronti delle donne rappresenta l’occasione per ridurre i margini di emancipazione. Altro non si può pensare da parte delle cittadine che si sono viste sottrarre libertà e salute. Le risorse impiegate nelle campagne, soprattutto mediatiche, di prevenzione, complessivamente episodiche e condotte con camper e spot, sono fonti sì di spreco di risorse sottratte al servizio sanitario.



Nel denunciare lo sbocco volontaristico di gran parte della prevenzione, prevenzione di cui fa parte anche l’informazione su cui la Regione è fortemente omissiva, denunciamo che la crescita di affarismi e illegalità si incrocia con la crescita della diffusione di malattie sessualmente trasmissibili in tutta la gamma di gravità, soprattutto per le fasce giovanili.



Noi restiamo in attesa di una nuova convocazione che abbia per oggetto concreti provvedimenti.



Per l’UDI di Napoli Stefania Cantatore, Pina Tommasielli (Ordine dei Medici di Napoli)

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