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La sinistra non dà il governo alle donne

La sinistra non dà il governo alle donne

"...il potere dei maschi resta sterminatore ..."

Giovedi, 03/11/2022 - Dopo decenni di femminismo, teorico e pratico, sembra che le cose siano regredite, al punto di essere diventate socialmente inadeguate e contraddittorie. Un trauma l’autocandidatura di una donna alla presidenza del Consiglio in Italia? Le donne non votano le donne?

Ricordate il trionfo di Nilde Iotti quando fu nominata alla Presidenza della Camera? E la parità tra ministri e ministre del governo Renzi? I cittadini forse non sanno distinguere i valori e le forme delle istituzioni, ma in Italia le cariche fin qui attribuite alle donne sembrano in teoria perfettamente egualitarie: però la scelta di chi candidare a elezioni o a funzioni gerarchiche appartiene al vertice, di solito maschile, anche se ci possono stare donne, già omologate.

Infatti le “elette” sono destinate a governare “come un uomo”. Le donne stesse, in maggioranza, non si offendono per essere valutate sul modello maschile, anche se tutte sanno di essere – e vogliono essere – donne. Solo che, come soggetto “autonomo” sono (ritenute) “deboli”, hanno le mestruazioni, fanno i bambini: che sono colpe secondo la visione del patriarcato finora dominante che conosce l’ipocrisia interessata di definirle valori mantenendo il pregiudizio. Infatti il femminile ha caratteristiche di quell’autenticità che deve restare diversa nell’uguaglianza. D’altra parte allo stesso modo sono “uguali” tutte le diversità: biondi o mori, grassi o magri, handicap o sani.... e perfino binari o lgbtq+ dovrebbero vedere applicati diritti misurati sull’uguaglianza di principio riferita a condizioni e bisogni diversificati. Ma si deve partire dal primo riconoscimento, quello che, in virtù del patriarcato, viene “riconosciuto” dall’uomo.

Le donne "da riconoscere" sono percepite come “diversamente scomode”: in realtà sono fortissime (mai visto il programma d’esame di una marine americana, di quelle che “i muscoli basta farseli”?) nel mondo, ma anche in famiglia hanno altri desideri, bisogni e volontà politica “di genere”. Tutti sanno che non è vero che il loro sangue ingiallisca le foglie: il mestruo è simbolo di vita, mentre il sangue dell’eroe che uccide o viene ucciso in guerra è segno di morte. Ma quell’impurità in metafora impedisce ancora alle donne di toccare l’altare. Partoriscono, fatto che le penalizza sul lavoro e nella carriera, come se il bambino che nasce non sia un nuovo individuo che ha diritti propri mentre lei diventa un ammortizzatore sociale. Sono le vecchie giaculatorie del femminismo d’antan; ma di fatto il diritto resta neutro, come se anche l’uomo facesse i bambini senza perder tempo, mentre la maternità riceve erogazione di benefici, che non realizzano diritti della persona/donna. La filosofia femminista aveva ben teorizzato che l’impatto con il patriarcato è “il potere”, pur divisa in scuole che predicavano o il diritto al potere anche per le donne o la riforma del valore ”potere”.

I partiti ormai largheggiano in promesse, mantenendo graduale la condivisione di posti direttivi, purché nulla cambi, anche se, pur esperti di tutti gli opportunismi, stentano a capire che riconoscere il 52% dell’elettorato può essere un colpo di genio. Ma nessun partito della sinistra ha mai visto una donna scalare battendosi contro padri e fratelli politici che le sbarrano il passo animati da una passione di parte che è la stessa in entrambi, ma che induce la donna – come in famiglia – all’affetto disinteressato che fa sempre passi indietro per amore. Dunque chapeau a quella che ha scalato uno per uno i gradini di MSI, di Alleanza Nazionale, poi di Fratelli d’Italia fino a diventare segretaria e leader, portando il partito dal 4 al 26% dei voti. Solo che è rimasta la donna che davvero è come un uomo. Dopo di che auguri: le donne si fanno anche lo sgambetto, ma il potere dei maschi resta sterminatore.


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