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Oriana Fallaci nel libro di Esther Basile

Oriana Fallaci nel libro di Esther Basile

Sarà presentato il 14 dicembre a Nola "Oriana Fallaci indomabile” di Esther Basile (ed.Homo Scrivens)

Lunedi, 13/12/2021 - Si presenta il 14 Dicembre presso il Museo archeologico di Nola con la Direzione del dott. Franzese alle ore 17,30 e con Egida del prestigioso Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, il volume dedicato alla scrittrice-giornalista  “Oriana Fallaci indomabile” di Esther Basile (ed Homo Scrivens), con prefazione del poeta Elio Pecora. Sono previsti interventi delle saggiste Maria Antonietta Selvaggio, Daniela Mainenti e video –documenti –archivi di Rosy Rubulotta. Modera la Tavola rotonda la giornalista Carmela Maietta. Un libro che si interroga a distanza di tempo sugli articoli, i libri, la storia e la fatica di Oriana nel combattere la sua battaglia per la verità, interrogando i personaggi del Novecento che hanno determinato cambiamenti e interrogando se stessa sulla valutazione dei confini che l’essere giornaliste e scrittrici significa nel commentare la contemporaneità.

ALCUNE SUE PAROLE CHE RIGUARDANO LA SUA GIOVINEZZA:

“Sono nata a Firenze, da genitori fiorentini, il 29 giugno 1929, Tosca ed Edoardo Fallaci. Da parte di mia madre, tuttavia, esiste un ‘filone’ spagnolo: la sua bisnonna era di Barcellona. Da parte di mio padre, un ‘filone’ romagnolo: sua madre era di Cesena. Connubio pessimo, com’è ovvio, nei risultati temperamentali. Mi ritengo comunque una fiorentina pura. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero, quando mi chiedono a quale Paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa. Sono la primogenita di quattro figlie: nessun maschio in famiglia. Mia sorella Néera, la secondogenita, è giornalista come me: a Oggi. E mia sorella Paola, la terzogenita, pure. Lavora a Tempo. La quarta, Elisabetta, ancora no. È una bambina, frequenta le scuole elementari. Ma tutto fa credere, e specialmente lo fa credere il suo modo di scrivere, che anche lei farà il nostro mestiere. La responsabilità, inutile aggiungerlo, ricade su di me. Io fui la prima a lavorare nei giornali. Tuttavia, lo feci influenzata dall’esempio di uno zio, Bruno Fallaci, noto giornalista e fondatore di quotidiani in Italia. Lo zio Bruno era contrario. Per i primi cinque anni fu addirittura ostile. Il caso, poi, mi portò un giorno a lavorare nello stesso settimanale: Epoca. Fu un periodo duro per me, professionalmente parlando. Onde evitare accuse di nepotismo, lo zio, che di Epoca era direttore, mi relegava ai servizi più infami. Strano a dirsi, ciò cementò la nostra amicizia che oggi è grandissima. Lo zio Bruno ama narrare che un tempo mi si chiedeva se “ero nipote di Bruno”, oggi gli chiedono se “è zio dell’Oriana”. A Firenze sono cresciuta e ho studiato. Vi ho trascorso insomma l’infanzia e l’adolescenza. La mia infanzia non è stata allegra, i miei genitori erano abbastanza poveri. Mio padre possedeva una piccola ‘bottega artigiana’ fiorentina, con tre o quattro operai che gli costavano tutto il guadagno. Quale antifascista militante, era anche un perseguitato politico e ciò non aiutò certo a farmi vivere agi fisici e morali. Mi servì tuttavia come ottima educazione alla disciplina e alla consapevolezza che la vita non è una facile avventura. Studiai all’Istituto magistrale fino al giorno in cui passai al ginnasio, facendo un salto di due anni. Il ginnasio era il Galileo Galilei. Di qui passai al Liceo Galileo Galilei: Liceo Classico. Per quei due anni di salto, presi la maturità a 16 anni anziché a 18. A 16, dunque, mi iscrissi all’Università. A scuola fui sempre brava nelle materie umanistiche. Particolarmente brava in italiano, in filosofia, in latino e in greco. Adoravo la storia. Pochissimo brava, invece, nelle materie scientifiche. (Non ho mai capito nulla, o quasi, di matematica e fisica). La media dei voti risultava tuttavia ottima per i nove che riportavo nelle materie umanistiche. Ebbi un esame di maturità particolarmente felice. Lo svolsi un anno (mi pare il 1948 o il 1949) (Sic! Dovrebbe essere stato il 1945, ndr) particolarmente duro, una vera strage con bocciature, ma riportai la media maggiore a otto (ci tenevo molto perché, in tal modo, non pagavo le tasse scolastiche).

SIAMO DINANZI AD UNA GIORNALISTA DI ECCEZIONE

“Nella guerra ci sono nata, nella guerra ci sono cresciuta, di guerra me ne intendo”. E non solo perché fu la prima donna in Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale, ma perché la guerra è il fulcro della sua identità di scrittrice e giornalista. Ed è per questo che non si può prescindere dalla vicenda biografica di Oriana Fallaci per comprendere le sue violente prese di posizione, il suo temperamento e le battaglie che hanno segnato la sua vita. Oriana Fallaci nasce a Firenze il 29 giugno del 1929. Il padre Edoardo è un fervente antifascista e, a soli quattordici anni Oriana si trova già in prima linea nella Resistenza partigiana: quella prima linea che non avrebbe mai più abbandonato, e che anno dopo anno l’avrebbe condotta sull’Olimpo del giornalismo mondiale. Con la sua bicicletta e il nome di battaglia Emilia accompagna verso le linee alleate i prigionieri inglesi e americani fuggiti dai campi di concentramento italiani dopo l’8 settembre. “Sono un soldato. Lo sono fin da bambina, quando nella mia famiglia di antifascisti diventai anche io un partigiano”. Il rapporto tra Oriana e la guerra nasce da qui, dalla storia della sua vita. Quegli anni, per i quali avrebbe poi ricevuto un attestato al valore, la aiutano a sviluppare quell’autodisciplina e quell’acutissimo senso del dovere che l’avrebbero resa una lavoratrice instancabile fino agli ultimi giorni di vita. Oriana si affaccia molto presto al mondo della carta stampata con Il Mattino dell’Italia Centrale, il quotidiano fiorentino che nel 1946 pubblica il suo primo articolo. Ha soltanto diciassette anni, e grazie a quella collaborazione e ai primi soldi guadagnati può iscriversi all’Università di Medicina e mantenersi agli studi. Ma in lavoro le rende sempre più difficile frequentare i corsi universitari e studiare medicina non le piace poi più di tanto. Giunta al bivio, sballottata tra la stanchezza, la passione e le necessità economiche, Oriana abbandona l’Università. Consegnandole la laurea ad honorem in letteratura, il rettore della Columbia College of Chicago la definì “uno degli autori più letti ed amati del mondo”. Nel 1951 “accadde a Fiesole un episodio affascinante: morì un comunista e la Chiesa gli negò la sepoltura in terra consacrata e la cerimonia religiosa. Allora i compagni di quel comunista si vestirono da preti, impararono a memoria le preghiere funebri e inscenarono un funerale religioso”. Dopo aver scritto il pezzo, forse perché soddisfatta del risultato, forse per l’interesse e l’unicità del fatto narrato, fa quello che avrebbe voluto fare già da tempo: lo invia all’Europeo, uno dei periodici “di maggior prestigio, il più intelligente e il più bello”, allora diretto da Arrigo Benedetti. Ha così inizio una collaborazione, seppur soltanto saltuaria; nel frattempo è licenziata dal Mattino per ragioni politiche: da mesi il clima di lavoro era molto teso (“Il giornale era democristiano, io tutt’altro che democristiana. Ero socialista sebbene non fossi iscritta al partito”) e la pressione diventa insostenibile quando Oriana si rifiuta categoricamente di scrivere un pezzo satirico su un comizio di Togliatti. La rottura è inevitabile. All’età di ventidue anni passa a Epoca, il giornale diretto dallo zio Bruno Fallaci che però, temendo l’accusa di nepotismo, per lungo tempo si dimostra “addirittura ostile” e la fa penare più del dovuto con lavori noiosi e meccanici. A Epoca Oriana rimane fino al 1954. In quell’anno decide di lasciare Firenze e di trasferirsi a Roma per provare a cambiare vita, e l’Europeo la assume perché si occupi “di fatti romani. Era il periodo splendido di Roma, quello di via Veneto, dei divi americani che ci venivano in pellegrinaggio, della dolce vita insomma, e seppur ‘con un sopracciglio alzato’ la Fallaci vi si butta in pieno”. Non vi si sente a suo agio, ma con la consueta determinazione vi si getta a capofitto. Il libro “Oriana Fallaci indomabile” si inserisce in una ricerca sottile di memoria e di confronto dialettico costante . Una pagina che apre a confronti e domande, con una ricchezza di documenti, interviste e lettere.

 


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