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Passione, mistero e morte nella Napoli del 1590. In scena a Roma

Passione, mistero e morte nella Napoli del 1590. In scena a Roma

Intervista a Cloris Brosca, sul palcoscenico del Teatro Belli (Roma) il 10, 11 e 12 maggio con 'La rosa non ci ama'

Giovedi, 02/05/2019 - La rosa non ci ama: passione, mistero e morte nella Napoli del 1590. Incontriamo Cloris Brosca, protagonista insieme a Gianni De Feo della piéce di Roberto Russo, in vista delle rappresentazioni romane (Teatro Belli 10, 11 e 12 maggio). Cloris Brosca nasce a Napoli. A 18 anni si trasferisce a Roma - per frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico - qui resta e inizia a lavorare in teatro, e poi in televisione e cinema (con Orazio Costa, Eduardo De Filippo, Ugo Gregoretti, Mariano Rigillo, Gabriele Lavia, Massimo Troisi, Giuseppe Tornatore, Ennio Coltorti, Riccardo Donna, Marcello Cotugno, Nello Mascia). Una parentesi televisiva la rende nota al grande pubblico con il personaggio della Zingara, protagonista di un fortunato gioco a quiz. Il teatro in connessione con letteratura, musica e poesia rappresenta il centro dei suoi interessi artistici. È regista e autrice di testi teatrali e poetici.
La incontriamo durante le prove dello spettacolo “La rosa non ci ama” di Roberto Russo, ispirato all’omicidio di Maria d’Avalos, che andrà in scena al teatro Belli di Roma dal 10 maggio.

Sarai presto in scena nel ruolo dell'affascinante Maria d'Avalos, uccisa dal marito, principe Carlo Gesualdo perché colta in flagranza con l'amante, il nobile Fabrizio Carafa. Si tratta di una storia lontana (seconda metà del 1500) che richiama però tematiche drammaticamente attuali. Si può parlare in questo caso di femminicidio, o comunque di delitto d'onore?
Fu uccisa una donna, quindi sicuramente possiamo parlare di femminicidio e siccome la causa dell’omicidio fu una storia d’amore extraconiugale fra Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa, Duca d’Andria, mentre Maria era sposata con Carlo Gesualdo Principe di Venosa possiamo anche parlare di delitto d’onore, se una terminologia del genere che contiene in sé già l’attenuazione della parola delitto, può avere un senso.

Ci sono varie interpretazioni storiche, e l'autore di questo testo teatrale opta per quella che giudica il principe anche come vittima più che carnefice, essendo stato spinto dalle pressioni del suo ambiente ad agire in quel modo. Tuttavia c'è anche da considerare il fatto che quello di Maria era un matrimonio combinato dalle famiglie. Cosa pensi in proposito?
Secondo la versione dei fatti che ne fa Roberto Russo ne La rosa non ci ama, Carlo Gesualdo, principe di Venosa, interessato in definitiva più al suo mondo musicale che a sua moglie, decide di farla ammazzare non tanto per vendicarsi del suo tradimento, ma piuttosto per obbedire alla morale comune, alla morale impostagli dalla Rosa di persone che, intorno a lui, decidono quale debba essere il suo comportamento. A me questa motivazione, più che una giustificazione, sembra un’aggravante: non mi sembra un’attenuante compiere un gesto così grave per uniformarsi alla mentalità comune. Mi chiedi poi dei matrimoni combinati: sono senz’altro contraria, come si può immaginare, a una tale imposizione che limita la libertà dell’individuo, condizionandone in maniera così determinante la vita. Ma rischiamo di sembrare delle mammolette se facciamo un discorso, pur sacrosanto, riferendoci soltanto alla violazione dei sentimenti di giovani individui strumenti nelle mani di famiglie che scelgono al posto loro. Credo che tutta la storia dell’umanità abbia a che fare oltre che con guerre e lotte riguardanti l’assunzione di potere e dominio di una potenza, di un popolo, di una nazione, rispetto a un’altra - contrapposizioni e guerre ben visibili e sotto gli occhi di tutti – abbia a che fare anche con le lotte per l’acquisizione dei diritti della persona e soprattutto con l’acquisizione della coscienza del diritto inalienabile a tali diritti. Credo quindi che sia importante capire quello che succedeva nel passato quando figli, maschi e femmine, venivano manovrati, in linea con la mentalità comune e con le leggi del tempo, dai loro genitori, e la volontà della donna continuava anche dopo il matrimonio a non essere riconosciuta, a meno che una certa donna con qualità eccezionali artistiche o culturali non riuscisse a imporre la sua personalità e le sue idee. Credo che queste considerazioni siano utili per capire quanto ancora oggi perduri una mentalità sessista, spesso non dichiarata, come un vissuto e un “portato” culturale che individui di ambo i sessi ereditano dal passato senza neanche esserne coscienti

C'è qualcosa, anche in termini di affinità, che ti attrae in questo personaggio?
In questo personaggio mi colpiscono la caparbietà e la vitalità: non posso dire che queste caratteristiche mi attraggano in senso totalmente positivo, anzi devo dire che mi sembrano tratti a volte anche irritanti, tuttavia mi colpiscono perché sento che sono caratteristiche che mi appartengono. Parlo di una certa mia testardaggine, una certa veemenza che a volte mi fa ripetere un errore più e più volte con molta convinzione, sbandierandolo ai quattro venti come una verità irrinunciabile, tranne poi, a volte - e aggiungo per fortuna - rendermi conto di essermi sbagliata, tornare sui miei passi per ascoltare finalmente anche le ragioni altrui.

La lunga storia del delitto d'onore, retaggio di una società patriarcale primitiva, ci ha insegnato qualcosa osservando la cronaca contemporanea?
Come dicevo in precedenza, retaggi del passato possono essere utili a capire il presente: vorrei qui ripetere una cosa che sappiamo tutti che però per me risulta sempre sorprendente e cioè che le disposizioni sul delitto d'onore in Italia sono state abrogate soltanto nell’anno 1981. Dunque non credo di dire cosa incomprensibile se dico che la mentalità delle persone non si cambia (solo) con le leggi. Spiegandomi meglio: l’abrogazione di quella legge a suo tempo è stata importantissima, ovviamente, ma cambiare la mentalità che c’è dietro l’accadimento di un delitto d’onore, quello è un compito affidato a ciascuno di noi. Ogni volta che viene perpetrato un femminicidio, ogni volta che una donna viene picchiata, uccisa, perché ha lasciato il fidanzato, il compagno o il marito, perché ha delle idee differenti da lui, o per qualunque altro motivo, il fatto aberrante e terribile ci lascia impotenti, Ora io credo che avvenimenti del genere debbano servire a darci la spinta per cambiare le situazioni ambientali in cui questi fatti vergognosi avvengono, di cui questi eventi terribili sono la conseguenza. Non possiamo ogni volta trovarci muti e impotenti davanti a questi micidiali fatti compiuti: bisogna capire e mutare le condizioni in cui attecchiscono e prosperano le mentalità che rendono possibili questi atti estremi. È importantissimo in ogni luogo di aggregazione creare le condizioni per parlare, confrontarsi e sviscerare argomenti che riguardano il femminicidio, la violenza sulle donne, ma prima ancora la mentalità che separa i generi in modo dogmatico, acritico, seguendo pedissequamente il dettato del passato senza passarlo al vaglio della coscienza. A cominciare dalla scuola, parlando di questi argomenti e soprattutto ascoltando i giovani - testimoni del loro vissuto in stretta connessione col dettato della famiglia da cui provengono - confrontandosi con gli altri, passando per il vaglio della coscienza atteggiamenti di maschilismo - ma anche di razzismo, di bullismo, di omofobia - potremo, come individui diventare coscienti dei nostri pensieri e non andare in giro come mine vaganti, come portatori sani di una malattia che in uno sciagurato momento, in cui si verifichino adeguate situazioni, si puòmanifestare in tutta la sua virulenza.

Nella tua carriera ti sei cimentata in tanti ruoli, ce n'è uno che hai amato di più?
Ho molto amato il ruolo di Carmela nel testo teatrale ¡Ay, Carmela! di JosèSanchisSinisterra. Anche lì si tratta di una donna estroversa e generosa. Uno spettacolo, che pur ambientato durante la guerra civile spagnola, parla di temi universali e molto attuali, quali la partecipazione contrapposta all’indifferenza, la paura o l’acquiescenza rispetto al potere, l’opportunismo, la scelta fra il quieto vivere o la solidarietà umana, valore in grado di oltrepassare la vita stessa dell’individuo.

E uno che vorresti interpretare, ma nessuno ti ha ancora chiesto?
Credo che, in modo forse un po’ scontato, visto che sono napoletana, un personaggio che sicuramente mi piacerebbe portare sulla scena è Filumena Marturano.

Qual'è secondo te il ruolo di una donna artista al giorno d'oggi?
Una delle cose più importanti che possa fare un artista oggi, uomo o donna, penso sia offrire uno sguardo sulla realtà: notare la bellezza, il bene, e mostrarlo agli altri, ovvero essere davanti agli altri un testimone vivente della bellezza che sta vedendo. La bellezza è dappertutto e avere gli occhi per vederla è un processo continuo di crescita che tutti possiamo intraprendere, ma che per un artista è in qualche modo - anche se non amo questo termine - obbligatorio. È un mestiere, quello dell’artista, a proposito del quale mi piace ricordare le parole di Francisca Aguirre, poeta e scrittrice spagnola recentemente scomparsa: Che mestiere tanto umile e ambizioso/ che meta irraggiungibile, che bel mestiere a cui dedicarsi tutta la vita. Ma il teatro è qualcosa che può aiutare uomini e donne a capirsi meglio....o e un'utopia? Penso che il teatro sia il luogo deputato per riflettere sui sentimenti e le relazioni umane.



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