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Pedagogia e poesia in G.K. Gibran/  Una lettura di Le ali spezzate

Pedagogia e poesia in G.K. Gibran/ Una lettura di Le ali spezzate

in un saggio articolato in due parti, si propone riflessione critica sull'opera pedagogica e poetica di Gibran e una lettura del suo racconto Le ali spezzate

Lunedi, 24/04/2023 - Paolo Carlucci

Pedagogia e poesia in G. K. Gibran
Una lettura di Le ali spezzate.


“La poesia è saggezza che avvince il cuore/
La saggezza è poesia / che canta nella mente.”


L’opera di Gibran è profondamente vocata all’educazione totale dell’uomo: attraverso domande radicali, spiazzanti, mira a formare il cuore alla luce della Poesia. Il Profeta, forse il libro più celebre di Gibran, è costruito per incontri maieutici di chiarimenti profondi, per scale di domande.
“Il maestro che cammina all’ombra del tempio tra i discepoli non elargisce la sua sapienza, ma piuttosto la sua fede e il suo amore.”
E tra i vari esempi, nel capitolo sull’ Insegnamento, Gibran parla anche della musica: “Il musico può cantarvi la melodia che è nell’aria, ma non può darvi l’orecchio che fissa il ritmo, né l’eco che rimanda il suono.”
E qui si sente come il dono della poesia sia essenziale, ma non trasmissibile: un’intuizione che serve per educare al cercare, ad essere, per arrivare alla meta infinita del Sé. Ecco, non bisogna spezzare le ali, perché le ali sono in noi.
“Poiché la visione di un uomo non presta le proprie ali ad un altro uomo.”

Ma l’etica è spesso il frutto di un cammino arduo e solitario d’amore, segnato da indifferenza e soprusi. La gioia spesso nasce dalle lacrime, e si lava nell’eternità del sacrificio. Il cammino nella solitudine ci indirizza verso l’albeggiare della profonda, interiore conoscenza di sé.
“E così come ognuno è solo nella conoscenza di Dio, egualmente deve in solitudine conoscere Dio e comprendere la terra.”
Il poeta si fa cantore dell’esaltazione per una bellezza – marginale, scomoda, prodigiosa – incarnata dal messaggio del Folle e del Profeta, araldi e maestri di una Libertà/ tempesta.
Pedagogia suprema è fusione di conoscenza in esperienza, un dire con esempi forti, provocare poeticamente la vita!
Al di là d’ogni scuola o teoria storico-sociale, passano, infatti, molte dottrine di filosofia, religione, psicologia o sociologia, ma restano isole di scelta i problemi universali dell’essere umano. La vita è scandita da quelli, radicali, dell’ombra/luce: spirituali, ma anche pragmatici per un aprirsi alla speranza, al futuro.

Sempre arduo è il confronto con il vento della vita: bisogna navigare la tempesta
dell’essere nella schiuma di luce, affrontando e ridefinendo i contenuti di spirito e di carne del bene e del male; come vivere la forza dell’amore, le convenzioni, il sacro, la natura, la morte…

Missione di un insegnante/maestro, di un profeta/vagabondo dell’educazione nella libertà, è allora soprattutto ascoltare i tempi, i segni, i dubbi, i sogni, la notte dei discepoli. Cuore della pedagogia di Gibran è allora fondamentalmente questa missione: guidare con ali di poesia i nervi d’illusione della giovinezza. Giovinezza inquieta e adolescenza in fieri, per definizione, sono i primi passi decisivi per una scelta, rischiosa e profonda, che va proposta sempre ai più giovani; perché è nel fiorire della vita il bisogno massimo della scelta, il volare o lo spezzarsi, a terra, nel baratro della tristezza e della morte.
“La solitudine è una tempesta / silenziosa / che abbatte tutti i nostri / rami morti;
e tuttavia spinge / le nostre radici viventi / più a fondo / nel cuore vivente / della terra vivente.”
Un’ efficacia estrema ed una ricerca, sete naturale di vita, alimentano la forza aforistica di Gibran! Per il poeta libanese educare è allora sentire problematicamente un vento che rigenera; è creare sempre energia del cuore dalla forza della solitudine.

Per una lettura de Le ali spezzate.
Intercultura e pedagogia poetica

Tra le opere di Gibran che meglio evidenziano il tema della sofferenza amorosa, ostaggio delle convenzioni, c’è il racconto breve Le ali spezzate, pubblicato nel 1912. Il libro può proporsi nelle scuole come esempio oggi di una lettura di educazione sentimentale e pedagogia poetica. Può costituire una valida riflessione interculturale attraverso i fini strumenti della letteratura e della poesia.
La vicenda di Salmè non solo si presta ad una suggestione letteraria in chiave interculturale tra Oriente e Occidente, ma è soprattutto un valido strumento di apertura sul segreto dolore della giovinezza, che matura sogni e vive traumi profondi, fatali, di ali spezzate, appunto, da regole che mutilano le libertà.
Si configura, dunque, come un documento prezioso di antropologia poetica, nella necessità di una nuova radicale educazione al sentimento, attraverso un uso vivo e rischioso della Poesia, quale espressione tempestosa della Libertà dell’Essere sull’Avere, per usare il celebre titolo di Erich Fromm.
Questo racconto sottile e profondo di un conflitto interiore, rievocato in chiave largamente autobiografica da Gibran (che vi rispecchia vicende e sentimenti giovanili infelici), si configura come specchio relazionale di giovani, in cui però la creatura donna soccombe tragicamente.

Sorretto invece dall’ energia creativa della poesia il sogno d’amore di un ragazzo solitario e libero resiste, ma s’infiamma di dolore, poesia e sogno per una giovanissima ragazza, Salmè. La ragazza, che vive la dura realtà valoriale del mondo islamico, è vittima della ricchezza e dell’affarismo, dei pregiudizi orientali di un matrimonio combinato con il nipote di Patriarca, esempio di brutale pragmatismo.
Donna-oggetto destinata a dare eredi, si sente trascurata, forse sterile in una società patriarcale, islamica, comunque intrisa di valori ancestrali. Il sistema degli adulti e dei familiari incarna tradizione ataviche, che pesano come macigni sulla libertà e il cuore di luce dei giovani, che avranno appunto ali spezzate dalla forza che tarpa lo spirito più che il desiderio.

“Salmè Karamè non sentiva assolutamente la passione e le carezze dell’amore, in quella casa lussuosa, situata sulla spiaggia del mare di Raas Beirut; però pregava nel silenzio delle notti, affinché il cielo le mandasse un figlio che le asciugasse con le rosee dita le lacrime, e le cancellasse con la luce dei suoi occhi, l’ombra della morte dal cuore.”

La nascita e poi la tragica perdita del figlio, e la morte della ragazza – sposa infelice perché spezzata dal non rispetto della liberà dei sentimenti e dai pregiudizi di sistemi educativi e culturali arcaici, inattuali, spietati, ma ritenuti ipocritamente protettivi e salvifici – è ancor adesso esemplare in una società insanguinata sì da femmicidi etnici e non solo (si pensi al tragico caso di Mahsa Amini, scomparsa a Teheran nel settembre del 2022, nuova vera eroina iraniana), ma soprattutto dall’assenza di una adesione alla Natura della Luce, alla poesia che dà ali vere ai giovani e può renderli capaci di scelte autentiche.
Al poeta Gibran, che s’adombra e s’incarna nel ragazzo che ha liberato lacrime in profezie e poesie, resta la deificazione quasi stilnovistica di un ricordo: l’idealizzazione di un amore sofferto, lavato dalle lacrime, che sopravviverà puro, eterno, come la tomba della povera Salmè, vittima sventurata di un sacrificio atroce.
Vere Ali spezzate, le sue, perché fulcro di una creatura oppressa da Leggi, Credi, interessi che le hanno fatto deserto di una vita totale: senza affetti, in nome, per citare ancora Fromm, del Potere, dall’ Avere. Così che l’Essere langue al buio ed ha dunque, miseramente, le ali spezzate.
Solo la Poesia come fede nella vita, dona balsamo di luce al volo nuovo d’ogni giovinezza!

Nota
testi e riferimenti:
K. Gibran, Il profeta, SE, Milano, 1985
K. Gibran, Le parole non dette, Edizioni Paoline, Milano 1991
K. Gibran, Le ali spezzate, Rizzoli, Milano, 1993

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