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Quando scrivere per le donne è urgenza e ribellione

Quando scrivere per le donne è urgenza e ribellione

Da Woolf a Morante, da Negri a Lessing: un corso di scrittura (Upter, Roma) per uscire dalla propria realtà e unirsi ad altre donne. Alla scoperta di sé stesse

Martedi, 21/05/2019 - “Trovarsi in un buco, in fondo al buco, in una solitudine quasi totale e scoprire che soltanto la scrittura ci salverà”. Scriveva così Marguerite Duras, in ‘Scrivere’, indagando sé stessa e spiegando cosa l’avesse spinta a mettere su carta storie e pensieri. Cosa l’avesse spinta, in sostanza, a raccontare - lei come tante altre scrittrici - personaggi che sfiorano l’anima dei lettori e riflettono così incredibilmente la vita reale di tante donne, quasi sempre vite insoddisfatte e subite. Ecco che forse lo scrivere, per le donne, può aver rappresentato una via di fuga, una rivalsa, una ribellione, una fantasia in cui trasferire torti e dolori, un luogo dove nessuno sarebbe potuto entrare e dove poter essere finalmente se stesse. Virginia Woolf la chiamava “una stanza tutta per sé”.
Ma quale sia l’origine e la caratteristica della scrittura femminile non è facilmente esauribile in poche righe. L’interrogativo però resta ed è lecito. Per approfondire questo tipo di letteratura, un piccolo gruppo di donne (non a caso, tutte donne) si è ritrovato in un corso su “Le donne e la scrittura tra ‘800 e ‘900” che si sta tenendo alla Università Popolare di Roma (Upter). Un corso - ma sarebbe, forse, meglio dire un viaggio - su una ventina di scrittrici, da Sibilla Aleramo a Ada Negri, da Elsa Morante a Doris Lessing e Grazia Deledda.
Ad accompagnare questo percorso di letture e riflessioni, Michela Damiani, l’insegnante nonché ideatrice del corso. “Quando mi è stato proposto di presentare un corso di letteratura ho cercato un argomento meno consueto e - spiega - ho quindi scelto le donne scrittrici perché spesso sono state dimenticate e trascurate dagli usuali percorsi scolastici, sono rappresentate come figure spesso marginali rispetto alla letteratura ‘al maschile’. Ho voluto, in particolare, dar voce ad un mondo di scrittrici apparentemente lontane dalla nostra realtà ma quanto mai attuali”. Come ‘Artemisia’ di Anna Banti, donna ribelle ma chiusa nella solitudine della colpa perché vittima di uno stupro; come la protagonista de “Le parole tra di noi leggere” di Lalla Romano che indaga sulla complessa e ‘impossibile’ relazione col figlio; come Valeria del “Quaderno proibito” di Alba de Cespedes che si perde nell’introspezione della sua vita cercando una libertà che non arriverà perché stretta nelle dinamiche familiari, tutte al maschile.
“La mia riflessione - continua l’insegnante - è che la donna a qualsiasi età sente l’urgenza di esprimersi e di confrontarsi, ha bisogno di analizzare sé stessa e il suo mondo. Questo vale per le scrittrici ma anche per chi, leggendo saggi e racconti scritti da donne, trova risposte ed identificazioni”. Nel gruppo che sta seguendo il corso (circa una decina), “non mi aspettavo tanto entusiasmo, tanta curiosità nello scoprire autrici anche poco note. Ho visto un desiderio di uscire dalla propria realtà e di unirsi ad altre donne alla scoperta di sé stesse”.
Del resto, spesso i racconti delle autrici sono, chi più chi meno, autobiografici; spicca la ricerca all’emancipazione, la lotta contro un mondo maschilista che le vuole oggetti. Su questi temi, l’identificazione fra le ‘alunne’ è inevitabile come in una sorta di specchio. “Amo incontrare tutte queste storie e ritrovare un po’ di me stessa e della storia di ‘noi donne’” commenta Lucia: “la penna delle scrittrici, che sono prima di tutto donne, racconta di pazienza, di frustrazione, di solitudine, di paura ma per fortuna anche di forza, di coraggio, di voglia di alzare la testa, di prendere in mano la propria vita e di cominciare a disegnare il proprio destino. In questa narrazione ritroviamo un po’ di noi stesse, delle nostre madri, delle nostre donne”. “Ho partecipato al corso - afferma Chiara - per capire la differenza sulla scrittura femminile rispetto a quella maschile. Dalla lettura dei testi e dalla riflessione comune nel gruppo ho capito che è proprio così: ho colto una specificità ed una sensibilità che non sono solo ‘femminili’ ma che derivano da una forza interiore che cerca di raggiungere una conoscenza di sé attraverso la descrizione delle vicissitudini della propria vita”. Lo dice bene, anche qui, la Duras: “È l’ignoto che abbiamo dentro: scrivere vuol dire raggiungerlo. È questo o niente”.

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