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Religioni e prostituzione, le voci delle donne: presentato a Bologna

Religioni e prostituzione, le voci delle donne: presentato a Bologna

Sintesi dell'incontro, organizzato nell’ambito della rassegna 'La città delle donne', e del dibattito che il libro ha sollecitato 'frutto di una ricerca pluriannuale dell’O.I.V.D. e di un confronto leale e aperto con molte realtà'

Domenica, 02/11/2025 -

Poche persone dell’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (O.I.V.D.) avrebbero scommesso che la presentazione a Bologna del libro "Religioni e prostituzione, le voci delle donne” a cura di Paola Cavallari, Doranna Lupi, Grazia Villa (Vanda Edizioni, 2024) potesse realizzarsi con le modalità e con il successo che poi si è verificato.  E invece la tenacia ci ha premiato. La sede di Bologna era una sfida per noi: molte porte ci erano state chiuse. In questa città, che peraltro è il luogo dove tutto è cominciato per l’OIVD, istituzioni culturali pubbliche o private laiche si dileguavano o pronunciavano un forbito preferirei di no di fronte alla proposta della presentazione della nostra ricerca, che sondava il sistema prostituente intrecciandolo in una duplice prospettiva: la parola di donne e il mondo delle religioni. 

Nella prefazione e nell’introduzione, non potevamo esimerci dall’esprimere il taglio ermeneutico con cui si era avviato il progetto, frutto di una ricerca pluriannuale dell’O.I.V.D. e di un confronto leale e aperto con molte realtà. L’architrave del percorso -per le donne del Laboratorio prostituzione e pornografia- poggiava i suoi pilastri sulla problematizzazione e sull’esercizio di un pensiero critico del fenomeno della commercializzazione del sesso, in grado di prendere distanze da quel proscenio che affolla i dispositivi della comunicazione mainstream, stampa di sinistra, social; per lo più egemonizzati da una visione mitizzata, edulcorata della prostituzione, catturata nell’” aura” del sex work, un “lavoro come un altro”, scelto liberamente. E chi non accetta tale modello sarebbe un oscurantista. Il libro collettivo Vietato a sinistra, a cura di Daniela Dioguardi, illustra con ottimi contributi la propensione a censurare o respingere pareri divergenti da quelli “sponsorizzati” dalla cultura politica di sinistra, su molteplici argomenti relativi alla sessualità, tra cui quello dell’industria del sesso a pagamento.  

Ma veniamo all’evento. Giovedì 16 ottobre 2025, “Religioni e prostituzione. Le voci delle donne” è stato dunque presentato a un folto pubblico, nell’ambito della iniziativa “La città delle donne” (16/18 ottobre 2025, terza edizione), nella prestigiosa location di Sala Tassinari, Cortile di Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore di Bologna.  “La città delle donne”, nasce dalla collaborazione tra l’associazione Spostamenti, la cooperativa sociale Open Group e Fondazione Barberini, tre realtà bolognesi che da tempo lavorano sulla creazione di spazi collettivi. Roberto Lippi, responsabile della Fondazione Barberini, ha aperto l’appuntamento illustrandone le caratteristiche e presentando le ospiti, le tre curatrici del volume- Doranna Lupi, Grazia Villa, la scrivente Paola Cavallari - e lapsicanalista Maria Chiara Risoldi, che ha condotto, commentato il libro e dialogato con le curatrici.  

Occorre qui subito ribadire che il libro è il frutto di un’esperienza pluriannuale di un laboratorio dell’O.I.V.D., molto materiale del quale è possibile reperire nel sito stesso della associazione nella sezione laboratori tematici.  https://www.oivd.it/laboratorio-prostituzione-e-pornografia/ .  

Impossibile qui riferire in modo puntuale le domande e le risposte che si sono avvicendate nel pomeriggio.

Per merito dell’impostazione che, con la sua conduzione, ha impresso Maria Chiara Risoldi, più che un confronto sul libro (che pure non è mancato) si è trattato di una immersione sul tema della costruzione delle forme di sessualità (maschile in primis) e sugli immaginari ad esse connessi. Il libro ha funzionato come un pretesto per andare al largo sull’economia simbolica che governa i paradigmi inerenti al sesso/genere nella attuale realtà culturale e politica, attraversata da veloci trasformazioni ma anche dalla tenace resistenza a mutamenti nella direzione di una maggiore reciprocità tra donne e uomini. 

Il primo quesito che Maria Chiara mi ha rivolto riguardava il libro di Rachel Moran Stupro a pagamento, la verità sulla Prostituzione, un testo letto da Chiara su mio suggerimento. L’opera di Moran aveva agito in lei come una folgorazione, spostando l’asse della sua mappa mentale in merito al tema.  Al contempo, la conduttrice definiva il libro un esempio di manuale di psicopatologia della sessualità maschile, per la lucidità di analisi e acutezza delle argomentazioni 

La nostra è una battaglia culturale – ho risposto -    orientata a scandagliare con occhio libero da stereotipi secolari e pregiudizi una delle pratiche più eclatanti di sudditanza femminile nel rapporto tra i sessi, l’avamposto assoluto del dominio maschile. Il nostro contributo contribuisce ad abbattere il muro di gomma che censura le voci libere delle sopravvissute alla prostituzione (ovvero le donne che ne sono uscite e ne raccontano l’inferno), nell’intento di smascherare luoghi comuni e suscitare domande.  Religioni e prostituzione è un’opera ben lontana sia da moralismi sia oscurantismi da sagrestia.  Aggiungevo di non riuscire a condividere l’affermazione che il libro fosse un “manuale di psicopatologia della sessualità maschile”. La sessualità dell’uomo che utilizza la prostituita si inscrive in una zona che ha, fra i vari caratteri, quello della “impresentabilità” di una sua pretesa da lui ritenuta nondimeno legittima perché “naturale”. Essa è “tollerata” da una cultura fallocentrica, ed è parallela, non altra rispetto a quella “standard”, che non identica certo per tutti, ma con profili ecaratteri per lo più omogenei. Definire tale sessualità “patologica” credo sia fuorviante, perché tale definizione la recinta in un’area di “devianza”. I maschi che non hanno familiarità con donne in prostituzione riterrebbero che questo fenomeno non li riguarda, mentre non è così. La prostituzione ci riguarda tutti e tutte. 

Molti uomini attualmente stanno prendendo coscienza della stretta parentela tra sesso/genere maschile, violenza sulle donne e prostituzione. Pur essendo esenti da vessazioni gravi inferte in prima persona a una donna, hanno responsabilmente assunto che la costruzione dell’identità maschile contiene alla radice un implicito retroterra di misoginia. 

Stimolata dalle domande della moderatrice, Grazia Villa ha esaminato il confine tra la liberazione sessuale come guadagno del femminismo e la libertà di vendersi e del fare del proprio corpo un “guadagno”, una fonte di reddito, rivendicata in parte anche dalle nuove generazioni di donne come modello di autodeterminazione.

Rivendicazione che sfocia in una nuova istanza di regolamentazione della prostituzione da parte delle leggi dello stato a cui si contrappone un utilizzo altro dello strumento normativo che invece va nella direzione della penalizzazione dell’acquisto delle prestazioni sessuali, cosiddetto modello nordico. Anche in ragione della propria esperienza professionale e come giurista, Grazia Villa ha sottolineato quanto sia sempre stato molto difficile e, spesso, pericolosamente controproducente, il rapporto tra donne e diritto, tra corpi delle donne e leggi, essendo ancora oggi un diritto sessuato al maschile. Ciò accade sia quando è stato strumento di repressione o di discriminazione nei confronti delle donne, sia quando diventa l’unico ambito di intervento a cui si affida un mutamento di culturale, sociale e politico. Vedi ad esempio l’inefficacia dell’inasprimento delle pene in materia di violenza e di femminicidi. Da qui tutto il dibattito sul rapporto leggi e prostituzione tuttora aperto che continua a vedere da un lato la prostituzione come il mestiere più vecchio del mondo che deve essere “tutelato“o un male necessario che deve essere regolamentato, e d’altro canto invece una deriva sociale che va abolita, una violenza che va punita. 

Anche nel libro, frutto di un cammino di approfondimento con un ciclo di incontri, ci siamo poste in qualche modo le stesse domande, ricollegandole alle fedi e alle religioni, sollecitando così le nostre interlocutrici: In che modo viene percepita, come violenza sulle donne o resta lo stereotipo del lavoro più antico del mondo? Che cosa dicono le varie comunità di fede sulla prostituzione?  La libertà individua le ci pone a disposizione la compravendita dei corpi?   Sono state fatte riletture dei testi sacri, delle tradizioni religiose, alla luce del punto di vista delle donne su questo tema? E dove ciò è accaduto, la riflessione teologica delle donne è riuscita a sollecitare una risposta da parte dei maschi?

Nei testi emerge l’enorme contraddizione tra radicamento di culture religiose per principio contrarie alla prostituzione, ma di fatto silenti e tolleranti, quando non complici attraverso la tesi del male minore, verso il dilagare della prostituzione. 

Eppure vi è una forza eversiva nelle fonti, nei testi sacri, nelle parole profetiche, nelle buone novelle, negli aneddoti, negli insegnamenti, così come rivisitati dagli studi delle femministe, rovesciati dalle relazioni tra le donne, ripensati da tutte le forme di mistica politica femminile. 

A Doranna Lupi è toccato il compito di entrare nel merito dei saggi contenuti nel libro e, su domanda di Chiara Risoldi, si è soffermata sul contributo del libro inerente al Buddhismo, elaborato da Mariangela Falà. Essa ha tracciato l'essenza dell'insegnamento del Buddha, ne ha analizzato l'evoluzione storica rispetto alla questione femminile e alla prostituzione. 

Il Buddha fu rivoluzionario, estendendo la via spirituale a tutti (uomini e donne, liberi e schiavi). Fondò un ordine monastico femminile, cercando di proteggere le monache dalla supremazia maschile (es. autonomia amministrativa e dispensa da compiti servili verso i monaci).

Nel corso della sua espansione millenaria in Asia, il Buddhismo si adattò alle tradizioni delle società incontrate, che erano prevalentemente patriarcali. Di conseguenza, a poche centinaia di anni dalla predicazione originale, il sessismo divenne nuovamente la norma.

La visione occidentale del Buddhismo come religione di compassione e armonia non è sempre realistica; paesi tradizionalmente buddisti mostrano ancora forti forme di violenza e subordinazione femminile.

L'etica buddista è una questione di scelte personali, poiché ogni azione ha conseguenze. Gli insegnamenti fondamentali includono il non provocare dolore ad alcun essere vivente e il non compiere azioni che causino dolore altrui attraverso l'abuso fisico e psicologico (fedeltà, onestà e rispetto nei rapporti intimi).

Nonostante i principi di "retta azione" e "retto modo di procurarsi da vivere" (che condannerebbero gli abusi e la sofferenza legati alla prostituzione), la prostituzione è stata storicamente tollerata e a volte giustificata in alcune società buddiste come "atto compassionevole" della donna verso l'uomo, ignorando la sofferenza di chi vende e compra il corpo.

Dopo aver dato conto dell’espansione del fenomeno dellaprostituzione e dell’incremento dell’industria del sesso nelle aree a maggioranza buddista (es. Thailandia, Birmania, Laos, Cina post-socialista), ha ricordato che Il Buddha, come Gesù, aveva una relazione senza pregiudizi con le prostituite. L'autrice conclude il suo testo con la storia di Amrapali, celebre cortigiana, che il Buddha incontrò, interessato alla purezza delle sue intenzioni. Amrapali in seguito divenne monaca, donando i suoi beni alla comunità.  

Nella discussione che ne è seguita sono emerse domande relative all’acquisto di prestazioni sessuali da parte delle donne. Sull’argomento si è aperto il confronto su come le logiche di mercato e di dominio connesse all’avere introiettato il modello patriarcale da parte di molte donne, anche grazie alle religioni che lo hanno sostenuto; finiscono per riprodurne rappresentazioni e comportamenti, non solo in tema di relazioni tra i sessi, ma anche nella politica e nell’esercizio dei poteri


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