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L’ONU e lo stupro usato come arma di guerra

L’ONU e lo stupro usato come arma di guerra

Per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni ora lo stupro delle donne è riconosciuto come arma usata in guerra. Ma le donne non possono definirlo un successo

Martedi, 30/04/2019 - Per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni ora lo stupro delle donne è riconosciuto come arma usata in guerra. Non si tratta, però, di un successo perchè è un passaggio che rivela altre verità dolorose e pericolose e che non permette di abbassare la guardia in nessuna dimensione.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite lo scorso 23 aprile ha approvato a maggioranza una importante Risoluzione che nasconde, nei voti e nei veti che l’hanno preceduta, i connotati di una storia di violenza verso le donne ancora tutta da combattere ad ogni livello nella dimensione internazionale e in quella local.e
Con 13 voti a favore e con l’astensione della Russia e della Cina, la Risoluzione è arrivata alla definitiva approvazione. Il nodo significativo che è stato superato era il veto degli USA, che hanno imposto la cancellazione della garanzia all'assistenza alla “salute riproduttiva" delle donne vittime di stupri e di violenze. Gli Stati Uniti sostenevano, in pratica, che dietro tale principio potesse celarsi in alcuni casi una sorta di “licenza all’aborto”.  
Ad ulteriore conferma di quanto sia ancora lunga la strada per la reale difesa delle donne dallo stupro di guerra si aggiunge un'altra informazione, che riguarda il percorso dalla Risoluzione prima della sua approvazione. USA, Cina e Russia avevano posto un'ulteriore condizione: che fosse eliminata la possibilità di un nuovo meccanismo internazionale impegnato nel monitoraggio e segnalazione di atrocità in aree di guerra. Unità insolita quella dei tre paesi se si considera il loro diretto e indiretto coinvolgimento in guerre in varie regioni del pianeta, ma eloquiente se la si guarda come rischio (evidentemente inacettabile per loro) di essere sottoposti a monitoraggi assai imbarazzanti, per dirla con una metafora.
E così se non si può non pensare che la Risoluzione abbia una sua utilità almeno nel prevedere di punire con sanzioni le violenze sessuali che si scopriranno e si vorranno registrare, i se i ma, le ambiguità che hanno accompagnato l’approvazione destano giustificate preoccupazioni, come ha sottolineato l’avvocata attivista dei diritti Amal Alamuddin, che alla “costruzione “ della stessa ha lavorato con grande impegno.
Parlando di stupro, mentre scrivo di una importante Risoluzione internazionale pur nelle sue contraddizioni, come non pensare allo scempio avvenuto pochi giorni fa a Viterbo. Due giovani, orgogliosi di sbandierare la loro appartenenza a CasaPound, hanno violentato una donna e hanno condiviso sui social la loro bestiale brutalità, in quelle stesse pagine social hanno accusato gli immigrati di essere loro i violentatori di donne, di essere il pericolo da cui difendersi.
Violenza, vanità, possesso, cattiveria, ipocrisia, falsità. Tutti ingredienti di un'ennesima storia difficile da comprendere e comunque inaccettabile. Una storia che ci ricorda, come donne e tornando proprio alla dimensione internazionale della Risoluzione ONU, di non distogliere l’attenzione dall'impegno contro una violenza che riguarda tutte le donne nel mondo. Una violenza che parte dal nucleo famigliare e arriva alla dimensione internazionale, passando per le guerre che colpiscono le donne con particolare brutalità e che le usano come prede e vittime sacrificali.
Paola Ortensi,  30 aprile 2019

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