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Roma / Donne ucraine alla Casa internazionale - di Cristina Formica

Roma / Donne ucraine alla Casa internazionale - di Cristina Formica

Il progetto e l’accoglienza, la Casa e la sorellanza: un’esperienza importante per tutte

Venerdi, 17/03/2023 - All'inizio di marzo, è terminata l'Accoglienza CARI nella Casa Internazionale delle Donne. Il Progetto, che ha accolto 22 donne e minori provenienti fuggiti dal conflitto ucraino, è stato realizzato dal primo ottobre 2022 fino al 03 marzo scorso.
Il Comune di Roma ha scelto, per una serie di ragioni anche amministrative, di non continuare questa esperienza, dislocando le donne in altri Progetti di accoglienza sempre gestiti dall'amministrazione comunale.
A noi rimane quest'esperienza.
Aprire il Centro nella Casa è stato, nel mese di settembre, appassionante: ricreare all'interno della ex Foresteria le stanze e gli spazi collettivi, ad uso delle famiglie che sarebbero arrivate, ha espresso la creatività di chi si è impegnata nell'immaginare la situazione migliore possibile. La Casa Internazionale delle Donne è di per sé un posto unico e magnifico: di conseguenza un Centro di accoglienza è stato costruito secondo alti criteri per i parametri normalmente presenti nei progetti sociali. Andando verso l'apertura del Progetto, la Casa ha svelato tutte le sue grandi possibilità, sia tecniche che politiche ed umane. La fisicità dei luoghi di accoglienza è il primo approccio che si ha con la persona inviata, che sono state nel nostro caso delle donne che non hanno scelto dove andare, ma dovevano andare forzatamente. Le facce delle prime 6 donne arrivate si sono aperte a dei timidi sorrisi, varcando il portone di Via S. Francesco di Sales ed arrivando nel giardino della magnolia. Il primo contatto visivo è stato positivo, ed il posto ha sempre reso più facile l'incontro con queste persone. La prima settimana sono arrivate 12 persone, la seconda settimana di ottobre avevamo tutti i 20 posti pieni.
Un gruppo più ampio, il primo, era stato accolto dalla Parrocchia di Fiano Romano, con Padre Francesco ed un gruppo di volontarie e volontari che, nel marzo 2022, si era recato al confine polacco per accogliere chiunque incontrassero in fuga dal conflitto. Le altre famiglie venivano da altre esperienze, più spersonalizzanti, come alberghi convertiti all'accoglienza o Centri di prima accoglienza per persone rifugiate. L'ultima ad arrivare è stata l'unica donna singola, che si era appoggiata per mesi alla propria rete personale e che non poteva supportarla ulteriormente.

E' partita così l'accoglienza di donne ucraine alla Casa Internazionale delle Donne, creando due gruppi, le persone accolte e l'equipe di lavoro, che si sono confrontati, hanno lavorato insieme, hanno avuto momenti di dolore e di gioia, sempre insieme.
Le prime attività proposte, oltre quelle necessarie all'avvio della presa in carico sociale delle persone ospiti, sono state subito di gioia e condivisione: abbiamo fatto più di 15 uscite nei 5 mesi del Progetto, accompagnando i bambini e le bambine a vedere il Museo dei Bambini di Via Flaminia, a Castel S. Angelo, a Villa Pamphili, a passeggio per Trastevere e per il Centro Storico, ed in molti altri luoghi della Cultura a Roma. Le mamme si sono subito trovate bene, andare a camminare la mattina lungo il Tevere è stata una bella attività per alcune di loro, la scoperta del mercato domenicale di Porta Portese è diventato subito un appuntamento fisso fino all'ultima domenica.

L'iscrizione alle scuole di Trastevere anche è subito andata bene, i bambini e le bambine hanno frequentato la terza scuola in poco più di 6 mesi andando e tornando a piedi; purtroppo, in questi tempi opachi che stiamo vivendo, è stato chiaro che essere immigrato a 8 anni è grave anche se sei biondo e con gli occhi azzurri; non sempre le famiglie italiane, ed a volte anche il personale scolastico, percepiscono il dramma che questi figli soffrono, nella fuga e nelle continue notizie allarmanti che arrivano in tempo reale dall'Ucraina, di sensibilità in Italia siamo al momento piuttosto sprovvisti. Ma anche il razzismo agito da altri bambini e bambine è stato un motivo di unione tra le ospiti ed il gruppo di lavoro: siamo state dalla loro parte nel vissuto quotidiano, anche se i punti di vista non potranno mai essere uguali. Infatti, una parte difficile di questa accoglienza è stato assistere alla paura, alla disperazione, all'attesa che le donne provavano al giungere delle notizie di casa loro: ogni bombardamento era un video da mostrare, una lacrima silenziosa, il commento concitato in russo tra di loro, e poi una spiegazione in italiano stentato che non avremmo voluto sentire. Vedere la guerra tra Ucraina e Russia tramite i loro occhi è stato doloroso anche per noi, perchè la speranza è proprio difficile da mantenere quando le bombe ti costringono a scappare, quando hai i mariti al fronte, quando non sai quando potrai tornare a casa.
La Casa è stata proprio tale: le vedevamo entrare ed uscire defilate, quasi a non voler farsi notare, non voler dare fastidio. Chissà cosa hanno pensato vedendo la Sala Tosi piena, tornando dalla scuola mamme e figli, o quando c'erano serate musicali, o nel silenzio della notte in cui solo i gabbiani urlavano. Chissà che hanno provato, alla Sfilata per la Pace organizzata a novembre con Simonetta Cervelli e tante associazioni di donne, nel vestirsi, truccarsi, giocare con il proprio corpo davanti ad un pubblico quasi solo di donne: alla fine dell'iniziativa, sono state proprio le donne ucraine a prendere in mano la bandiera della pace. Certo che per loro la pace è fondamentale, però forse anche vincere o non perdere deve essere un obiettivo: molte donne accolte però hanno parenti russi, essendo anche loro almeno in parte russe. Non abbiamo mai affrontato l'argomento, se non per ribadire molte volte che alla Casa l'importante è che non ci sia più alcuna guerra: il loro diritto ad essere protette poteva non coincidere con lo stesso desiderio di fine del conflitto che abbiamo noi italiane. Ma sicuramente hanno sentito voci diverse in questi 5 mesi, che solo alla Casa potevano essere udite: hanno visto un mondo forse per loro inimmaginabile, dove le donne sono insieme felici e coinvolte, oppure arrabbiate e determinate, dove gli uomini possono essere persone di sfondo e che si muovono timidamente.
Durante questi mesi abbiamo passato insieme Natale e Capodanno, ed il Progetto è diventato un po' più Casa: i pasti preparati sono stati rigorosamente della tradizione ucraina, ma torroni e pandori sono stati ben considerati ed accolti.
Lo sport è stato un grande momento di incontro: l'Associazione Roma Uno ha offerto i corsi a tutte le persone ospiti, per cui i bambini si sono iscritti a karate, nuoto, calcio, mamme e una bimba anche loro a nuoto. Fare sport è un ottimo modo per sostenere una persona che fugge da una guerra, penso che le ospiti abbiano gradito il condurre attività “normali”, come tutte le altre persone presenti sul campo, in vasca, in palestra.

Le altre riflessioni da fare riguardano cosa è successo alla Casa Internazionale delle Donne aprendosi all'accoglienza di donne provenienti dall'Ucraina: sicuramente, nessun organismo ospita persone nella propria sede, già questo dà il senso di quanto forte sia stata l'esperienza fatta. Mi è piaciuta molto la delicatezza per cui le donne sono state ospiti rispettate nella propria vita e nei propri ritmi: non c'è stata una forzatura a voler conoscere, curiosità morbose o giudizi frettolosi. Quando ci si è confrontate, ospiti ed ospitanti, c'è stato grande rispetto e voglia di conoscersi, anche chiacchierando a pranzo, salutandosi in giardino. Mi è piaciuta la comprensione di molte, nell'aspettare il momento giusto per provare a parlarsi in due lingue diverse, ma un sorriso che parte dal cuore arriva sempre e comunque, anche senza le parole.

Dopo 5 mesi, si è chiusa l'accoglienza alla Casa Internazionale delle Donne.
Sì, è stata una bella esperienza.
 

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